Cattiva postura e mal di schiena: c’è un nesso?
12 Aprile 2022I falsi miti sul mal di schiena: Postura, Ernia del disco e Core Stability
30 Novembre 2022Nel mio precedente articolo “I falsi miti sul mal di schiena: postura, ernia del disco e core stability”, ti ho descritto alcuni tra i più comuni falsi miti sul mal di schiena e di come questi siano purtroppo ancora oggi considerati erroneamente la causa del dolore.
Come ti ho fatto però notare in quell’articolo, le evidenze scientifiche e tutti gli studi condotti finora, non supportano affatto queste affermazioni e spesso il male alla schiena si manifesta anche in persone che non hanno alcuna ernia, che presentano una postura perfetta o possono vantare, addirittura, addominali di acciaio!
Per spiegare come tutto ciò sia possibile è necessario comprendere i principi che sono alla base del dolore e come questo si origina
Gli studi su questo argomento hanno fatto molti passi avanti, soprattutto negli ultimi 50 anni, ma nonostante ciò, considerando il modo in cui ancora oggi si interviene per trattarlo, sembra che in pochi ne tengano davvero conto.
Se anche tu al momento soffri di un qualsiasi dolore alla schiena, allora quello che sto per raccontarti in questo articolo sono certo ti interesserà molto.
Quando avrai finito di leggere questo articolo, ti assicuro che sarai più informato tu, sulle cause del mal di schiena, rispetto a molti specialisti che ci sono in circolazione, e probabilmente ti sentirai già anche meglio in quanto, come dimostrano numerose ricerche, l’educazione al dolore può migliorare la condizione di salute del paziente.
Eccoti di seguito alcune delle conoscenze di base:
1) Il dolore è un meccanismo di sopravvivenza che ha lo scopo di proteggere il corpo!
Il dolore viene definito come un’esperienza spiacevole e soggettiva che ti spinge a fare qualcosa, generalmente per proteggere quella parte del corpo che il tuo cervello (correttamente o erroneamente), ritiene che in un dato momento possa essere danneggiata.
Se senti dolore significa che il tuo cervello pensa che il tuo corpo sia in pericolo e che quindi qualcosa deve essere fatto per proteggerlo.
In questo senso il dolore è un meccanismo di difesa e sopravvivenza di fondamentale importanza. Coloro infatti che nascono senza l’abilità di sentire il dolore (ce ne sono diversi casi al mondo), hanno un’aspettativa di vita molto breve.
Per fortuna il tuo cervello prende molto seriamente il compito di farti avvertire dolore per segnalarti la presenza di un problema, quindi aspettati pure che, ogni qualvolta che questo ritenga ci sia all’interno del tuo corpo una parte danneggiata, farà di tutto per spingerti all’azione e risolvere il problema.
2) Il dolore è un output del cervello e non un input dal corpo.
Questo è un paradigma divenuto fondamentale, intorno al quale la scienza si è domandata per tanto tempo, oggi ormai appurato. Il dolore è creato dal cervello e non passivamente percepito da questo come una sensazione che arriva dal corpo.
Quando una parte del corpo è danneggiata, i recettori del dolore vengono stimolati e inviano un segnale di pericolo al cervello. Il dolore però non viene percepito fino a quando il cervello interpreta queste informazioni e decide che il dolore sia in qualche modo una soluzione utile per la risoluzione di quel problema.
Il dolore dunque viene utilizzato come “mezzo” per incoraggiare atteggiamenti protettivi (posture antalgiche), per evitare ulteriori danneggiamenti e dare al corpo il tempo di guarire.
Prima di prendere questa decisione, il cervello considera numerosi fattori che sono diversi e univoci per ogni individuo.
Infatti per elaborare la “risposta dolorifica” vengono attivate numerosi parti del cervello incluse quelle che governano le emozioni, che conservano i ricordi e le intenzioni future.
Detto questo è facile intuire che il dolore non è una semplice misurazione del danneggiamento di un area del corpo, ma è un processo molto più elaborato con lo scopo di proteggerti e al tempo stesso di passare all’azione per risolvere il problema!
3) Un danno fisico non equivale a dolore e viceversa
Se senti dolore questo non significa necessariamente che tu abbia un infortunio… e se ti infortuni non necessariamente è detto che tu debba sentire dolore.
Un esempio abbastanza esplicativo è quello del soldato che in battaglia viene ferito e non lo sa in quanto non avverte alcun dolore, oppure quello di un surfista che viene morso da uno squalo senza provare alcun tipo di dolore.
In entrambe queste situazioni è molto probabile che la vittima non provi alcun tipo di dolore almeno fino a quando la situazione di emergenza sia cessata.
La sopravvivenza è uno dei meccanismi più importanti del nostro corpo, per cui in tutti quei casi in cui il dolore in qualche modo mette a rischio questo meccanismo non c’è da meravigliarsi se il dolore viene completamente inibito in quanto metterebbe a rischio la vita stessa!
Nonostante la maggior parte di noi non sia stata mai morsa da uno squalo o colpita da un proiettile, sono certo che tutti quanti più o meno abbiamo subìto un piccolo infortunio del quale al momento non ci eravamo resi conto. Basti pensare ai colpi che si ricevono durante una qualsiasi attività sportiva e dei quali però ci rendiamo conto solo quando ci fermiamo e andiamo a fare la doccia.
Molti studi hanno dimostrato che un’alta percentuale di persone che non soffrono di mal di schiena, dolore alle spalle o alle ginocchia, quando sono state sottoposte a una risonanza magnetica avevano significanti danni ai tessuti in queste aree.
Quelli che NON avevano mal di schiena presentavano uno o più ernie del disco, quelli SENZA alcun dolore alla spalla presentavano lesioni alla cuffia dei rotatori.
Nonostante ciò non ne erano a conoscenza appunto perché non avvertivano alcun tipo di dolore! Al contrario ci sono persone che avvertono dolore dove non c’è alcun tipo di danneggiamento ai tessuti.
“L’Allodinia” è una condizione dove un normale stimolo innocuo, come ad esempio un tocco molto leggero sulla pelle, può causare un dolore molto intenso.
Questo ovviamente è l’esempio estremo di qualcosa che può accadere molto comunemente su scala molto ridotta: il sistema nervoso riceve un segnale riguardo un potenziale pericolo e fa scattare l’allarme anche quando questo pericolo non è realmente presente.
4) Il Cervello spesso pensa che il corpo sia in pericolo, anche quando, di fatto, non lo è.
Il più eclatante esempio di questa condizione è quella dell’arto fantasma nel quale il paziente percepisce dolore in una parte del corpo che è stata amputata. Nonostante l’arto danneggiato sia stato amputato e dunque non può più inviare alcuno stimolo dolorifico, la parte del cervello deputata a riceverne i segnali comunque rimane e può essere erroneamente stimolata da segnali neurali provenienti da altre parti del corpo.
Quando questo accade la persona percepisce un dolore estremamente alto e vivido nella parte del corpo che invece non esiste più.
Una delle tecniche utilizzate per curare questo tipo di problematica è quella di posizionare l’arto controlaterale davanti a uno specchio (se stiamo parlando della amputazione di un braccio in questo caso verrà posto di fronte ad uno specchio l’altro braccio), in modo tale da far credere al cervello che il braccio amputato sia vivo e in ottima forma.
Questa è una straordinaria dimostrazione del fatto che per ridurre il dolore si deve intervenire sul cervello e non sul corpo.
Un altro esempio di dolore creato dal cervello in aree del corpo completamente sane è quello del dolore percepito in aree distanti dal punto dove effettivamente è presente il problema.
5) Il dolore riproduce il dolore
Uno degli aspetti più sfortunati che riguardano la fisiologia del dolore è quello che più il dolore dura nel tempo e più è facile percepire dolore.
Questa è la conseguenza di un processo neurologico chiamato “potenziale a lungo termine” in base al quale più il cervello utilizza delle connessioni neurali specifiche e più è semplice poi attivarle anche grazie a stimoli molto ridotti.
Per comprendere questo concetto basta pensare alla scia lasciata dagli sci sulla neve fresca, più questa scia viene percorsa più è semplice ripercorrere esattamente lo stesso sentiero.
Questo è lo stesso processo attraverso il quale acquistiamo abitudini e sviluppiamo nuove capacità.
Nel contesto del dolore significa che più sentiamo un certo tipo di dolore, minore sarà lo stimolo necessario per scatenarlo.
6) Il dolore può essere scatenato da fattori non correlati con un infortunio
È ormai noto che i neuroni che vengono stimolati insieme si attivano insieme.
Uno degli esempi più famosi di questo principio è l’esperimento di Pavlov nel quale questo ricercatore, ogni volta che dava da mangiare ai suoi cani faceva suonare una campanella.
Dopo aver ripetuto questo processo per diverse volte, Pavlov scoprì che era sufficiente, per i cani, udire il semplice suono della campana per cominciare a salivare anche senza vedere il cibo.
A livello neurale era accaduta un’associazione interessante: i neuroni che venivano stimolati al suono della campana si attivavano insieme con i neuroni che attivavano la salivazione in quanto erano stati stimolati insieme per lungo tempo.
La stessa cosa può accadere con il dolore: immagina che ogni volta che vai al lavoro ti ritrovi in una attività stressante, come per esempio lavorare al computer o sollevare dei pesi in un modo tale che ciò ti causi mal di schiena.
Dopo un po’ di tempo il tuo cervello inizia a correlare l’ambiente di lavoro con il dolore, fino al punto tale da avvertire dolore semplicemente arrivando sul posto di lavoro o addirittura semplicemente pensando al lavoro.
Non è una sorpresa che l’insoddisfazione lavorativa sia uno dei maggiori fattori predisponenti al dolore!
Inoltre è stato visto come emozioni quali la rabbia, la depressione e l’ansia possano ridurre la tolleranza al dolore.
Nonostante sia difficile da credere, le ricerche forniscono forti evidenze che una grande percentuale di mal di schiena cronici siano causati più da fattori emozionali e sociali, che da un effettivo danno fisico ai tessuti.
Probabilmente avrai notato che quando ritorni in un posto dove non sei stato per diversi anni, torni ad assumere degli atteggiamenti che eri solito assumere in quel luogo, quali per esempio il modo di parlare, la postura o alcuni modi di muoverti, che pensavi invece esserti lasciato alle spalle.
Il dolore si comporta nello stesso modo, viene stimolato da specifici contesti sociali, sensazioni e pensieri che con esso erano associati.
Ti è mai capitato di sentire meno dolore quando vai in vacanza per poi avvertirlo di nuovo, esattamente allo stesso modo, una volta ritornato a casa?
7) Il sistema nervoso centrale può variare il livello di sensibilità al dolore
Esistono diversi meccanismi attraverso i quali il sistema nervoso centrale può aumentare o diminuire la sua sensibilità ad uno stimolo proveniente dal corpo. L’esempio estremo di desensitizzazione è quello che avviene durante una situazione di emergenza come descritto precedentemente, cioè quando il segnale di dolore proveniente dal corpo viene completamente inibito al raggiungimento del cervello.
Il più delle volte un infortunio aumenterà il livello di sensitizzazione, presumibilmente per fare in modo che il cervello possa più facilmente proteggere l’aria che si ritiene sia stata danneggiata.
Quando un’area diventa sensitiva, il dolore viene avvertito più facilmente e in misura maggiore al punto tale che anche un’innocua pressione possa causare dolore.
I meccanismi attraverso i quali il livello di sensibilità viene incrementato o diminuito sono diversi e non verranno trattati in questo articolo.
Quello che ci interessa sapere al momento è che il nostro sistema nervoso centrale aggiusta costantemente il livello dei segnali dolorifici sulla base di diversi fattori.
Per diverse ragioni sembra che nella maggior parte dei casi di dolore cronico, il livello dei segnali dolorifici sia stato alzato troppo e tenuto in quella situazione troppo a lungo.
Questo meccanismo è chiamato sensitizzazione centrale e gioca un ruolo fondamentale nei casi di fastidio cronico.
Conclusione
Quando il corpo lavora in modo efficace, i tessuti che vengono danneggiati guariranno in modo ottimale nel giro di poche settimane o qualche mese, e il dolore ad essi associati terminerà.
Nei casi in cui, invece, il dolore persiste anche dopo che i tessuti sono guariti, ci troviamo di fronte ad un problema con il sistema che processa il dolore, ovvero il nostro cervello e non il corpo.
Detta in altro modo, se soffri di male cronico ci sono molte probabilità che tu non abbia alcun problema a livello di danno alle strutture del tuo corpo.
I ricercatori hanno dimostrato che per alcune persone questa situazione è come una zona di comfort utile a ridurre l’ansia e lo stress che potrebbero aumentare il dolore.
Quindi cosa potrai farci con tutte queste informazioni per liberarti dal dolore?
Il punto principale è quello di comprendere la causa che fa sentire il tuo sistema nervoso centrale in “pericolo”, e come ridurre, quindi, questa situazione.
A breve pubblicherò un articolo nel quale ti illustrerò alcune strategie specifiche basate sulla percezione e sul movimento per liberarti dal dolore!
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Dott. Christian Tonanzi
Osteopata e Fisioterapista
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