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24 Febbraio 2018Nasce Osteomov
24 Febbraio 2019L’effetto placebo è un beneficio reale oppure è giusto qualcosa di immaginato?
Il placebo è qualcosa che realmente avviene nel corpo, oppure è solo nella tua testa?
Utilizzare l’effetto placebo durante un trattamento è poco etico?
E cosa possiamo dire sull’effetto nocebo?
In questo articolo risponderò a queste domande e discuterò alcune affascinanti ricerche condotte dal Prof. Fabrizio Benedetti (professore ordinario di neurofisiologia e fisiologia umana all’Università di Torino ed esperto di effetto placebo), e i suoi colleghi.
Dopo aver letto questo articolo sarai in grado di comprendere molto meglio l’effetto placebo. Potresti addirittura decidere di smettere di pronunciare questo termine perché è molto ambiguo. Spesso viene utilizzato erroneamente per spiegare in modo superficiale il motivo REALE per il quale alcuni tipi di trattamenti risultano efficaci.
Che cosa è esattamente l’effetto placebo?
Placebo è un termine che crea molta confusione perché può avere significati differenti a seconda del contesto nel quale viene utilizzato.
Per gli scopi di questo articolo il suo significato sarà il seguente: “Placebo è un trattamento che riduce i sintomi solo perché il paziente si aspetta un beneficio e non perché il trattamento di per se ha avuto un effetto!”.
Ok?
Per esempio una pasticca di zucchero può essere considerata un placebo che riduce il mal di testa, solo perché la persona che la assume si aspetta di trarne un beneficio.
Ma se questa persona non si aspetta tale beneficio, non si tratta più di un effetto placebo e la pasticca di zucchero non ha alcun effetto.
L’effetto placebo è il processo fisiologico attraverso il quale le aspettative riguardo un trattamento causano alcuni cambiamenti nel cervello del paziente che migliorano i sintomi.
Questi cambiamenti sono reali e non immaginati! In altre parole, se qualcuno prova un reale effetto placebo non sta semplicemente immaginando un miglioramento, i cambiamenti fisiologici sono oggettivi e misurabili!
L’effetto nocebo, in pratica, è il contrario. Infatti, causa cambiamenti negativi nei sintomi, come ad esempio maggiore dolore e ridotta funzionalità, quando si ha l’aspettativa che un evento (in realtà totalmente innocuo) possa causare malattia.
Effetto placebo & Psicologia
Il placebo è spesso descritto in termini di connessione mente-corpo. Questo fa pensare riguardi qualche sorta di misterioso processo o che tu debba radicalmente cambiare il proprio modo di pensare per comprenderlo.
Se ho intenzione di afferrare un bicchiere, la mia mano effettivamente raggiunge il bicchiere. Quando penso che ci sia un intruso nella mia casa, il mio cuore comincerà a battere più velocemente e potrei anche cominciare a sudare. Passando tutta la mia vita nella paura, aumento il rischio di soffrire di mal di testa e attacchi di cuore. Quindi già sappiamo benissimo che i pensieri hanno un reale effetto sul corpo!
Detto in altre parole, l’effetto placebo non riguarda nulla di magico.
È solamente uno dei tanti modi attraverso i quali la nostra cognizione ha effetto sulla fisiologia. Inoltre, è anche un fenomeno molto interessante e clinicamente rilevante perché mostra i meccanismi attraverso i quali i nostri pensieri e le nostre aspettative modificano il modo in cui ci muoviamo e ci sentiamo.
Che cosa può fare l’effetto placebo?
Il placebo può causare cambiamenti nel livello del dolore, nel controllo motorio, nella tensione muscolare, la forza, la resistenza, il livello di energia, la depressione, il sistema immunitario, la frequenza cardiaca e i livelli di glucosio nel sangue.
Può addirittura farti sentire ubriaco.
Ma il placebo non aiuta sempre!
Non può curare il cancro, farti diventare più alto e probabilmente non ti aiuta con l’asma.
Gli effetti del placebo in tutti gli altri casi sono spesso significanti: nel caso del dolore, in una scala di autovalutazione, causa una significante riduzione dello stesso.
Il resto dell’articolo sarà focalizzato sugli effetti del placebo in relazione al dolore.
In che modo l’effetto placebo interviene sulla riduzione del dolore?
Il modo più semplice per comprendere come il placebo ha effetti sul dolore è partendo dal motivo per il quale sentiamo dolore.
Il dolore è una sensazione spiacevole designata a proteggerti da eventi considerati pericolosi dal tuo corpo. Il placebo altera la percezione di questi eventi e, quindi, del dolore stesso.
Vediamo di capire come si attiva questo fenomeno:
Il cervello elabora in continuazione, a livello inconscio, qualsiasi evento che può essere dannoso per il corpo e lo fa sulla base delle informazioni che può ricevere.
Queste informazioni possono provenire da una grande varietà di fonti, incluse le informazioni sensoriali dal corpo, quelle visive dagli occhi, i ricordi, le opinioni e ancora più importanti le informazioni che vengono fornite da persone autorevoli, in particolare i medici.
Quindi quando un dottore ti dice qualcosa riguardo la tua condizione fisica o il modo in cui intende trattarla, questo diventa parte del processo con il quale il tuo cervello determina se il dolore ti serve a proteggerti da questa condizione o meno.
Detto in altro modo, la tua opinione riguardo gli effetti di un trattamento placebo diviene uno dei tanti input cognitivi che come output hanno la percezione del dolore.
La ricerca di Benedetti e colleghi ha identificato tre diversi processi mentali che causano l’effetto placebo:
- Aspettative del beneficio,
- Riduzione dell’ansia,
- Acquisizione di conoscenze attraverso l’associazione
Vediamole una alla volta e analizziamo i processi fisiologici a essi associati.
1 – Aspettative del beneficio
Uno dei modi attraverso i quali l’effetto placebo lavora è creando un’aspettativa sul beneficio, che a sua volta, attiva una determinata area del cervello definita “sistema di ricompensa”.
Questa area cerebrale motiva la persona ad assumere atteggiamenti tali che massimizzano alcune capacità del corpo, in questo caso specifico il rilascio di dopamina. Per esempio quando provi il beneficio dell’approvazione sociale, nel tuo corpo avviene un picco di dopamina che ti fa sentire di volere ancora più approvazione.
Esatto! È esattamente ciò che avviene con i like di Facebook!
Il sistema di ricompensa viene attivato anche in altre circostanze, quali per esempio quando si mangia, durante l’attività sessuale, quando guadagni soldi o più in generale in tutte quelle situazioni per le quali l’essere umano è davvero motivato a passare all’azione.
L’effetto placebo è maggiore in quelle persone nelle quali si manifesta un maggiore rilascio di dopamina quando si prova un beneficio.
Al contrario l’effetto nocebo è associato a una riduzione della dopamina.
Anche il miglioramento del controllo motorio che un paziente affetto da Parkinson manifesta dopo un effetto placebo, è correlato con il rilascio di dopamina in alcune parti del cervello deputate proprio a questo meccanismo.
Come l’attivazione del sistema di ricompensa riduce il dolore?
Uno dei meccanismi è attraverso il sistema discendente di inibizione del dolore. In questo meccanismo il cervello rilascia oppioidi o altre sostanze simili a livello del midollo spinale che bloccano i segnali nocicettivi (segnali di pericolo che spesso generano dolore), e gli impediscono di raggiungere la parte del sistema nervoso deputata alla creazione dello stimolo dolorifico.
Come facciamo a sapere che questo sistema è coinvolto nella riduzione se non addirittura eliminazione del dolore da parte dell’effetto placebo?
Lo sappiamo perché quando vengono somministrati ai pazienti, medicinali che bloccano questo sistema, questi non ottengono alcun effetto placebo dall’aspettativa di una ricompensa.
Sappiamo dunque che i meccanismi di inibizione, discendenti del cervello, sul dolore a livello del midollo spinale sono coinvolti con l’effetto placebo e le aspettative di ottenere una ricompensa.
È molto probabile che siano proprio questi meccanismi a generare la riduzione del dolore che spesso si manifesta attraverso l’esercizio, il massaggio oppure lo sblocco di un’articolazione.
Ancora più interessante è il fatto che la maggior parte delle condizioni di dolore cronico, come per esempio la Fibromialgia, la Sindrome dell’Intestino Irritabile o da Fatica Cronica, siano caratterizzate da una relativa inefficienza del sistema discendente di inibizione.
C’è da aspettarsi dunque che questi gruppi di persone abbiano meno probabilità di avere l’effetto placebo basato sull’ attivazione di questo sistema.
2 – Riduzione dell’ansia
Un altro meccanismo attraverso il quale l’effetto placebo lavora è attraverso la riduzione dell’ansia. La parola ansia sta ad indicare quello stato nel quale ci si aspetta una minaccia futura.
È differente dalla paura la quale invece è la percezione di una minaccia attuale.
Le ricerche hanno dimostrato come l’effetto placebo aiuti a ridurre l’ansia la quale a sua volta diminuisce il livello di dolore.
Effetto nocebo
L’effetto nocebo, invece, fa esattamente l’opposto: aumenta l’ansia e dunque il dolore.
Per esempio in uno studio i ricercatori hanno raccontato ad alcuni volontari che un impulso elettrico (in realtà molto basso), sarebbe stato per loro molto doloroso. Nonostante l’impulso non avrebbe dovuto essere neanche percepito, i volontari riportarono di aver avvertito dolore!
Ancora una volta gli effetti sono stati reali e non immaginari: i ricercatori hanno misurato l’aumento nell’ansia e del dolore non attraverso feedback soggettivi, ma attraverso la misurazione oggettiva dell’attività di alcune aree del cervello deputate alla percezione di quest’ultimo.
Ulteriori evidenze che l’effetto nocebo abbia degli effetti reali e fisiologici provengono dalle ricerche che dimostrano come questo possa essere eliminato attraverso medicinali che riducono l’ansia, quali per esempio benzodiazepine e diazepam. In altre parole se sei in grado di non aumentare il tuo stato ansioso attraverso false credenze che qualcosa ti potrebbe far stare male, allora non percepirai più dolore di quanto dovresti.
3 – Acquisizione di informazioni attraverso l’associazione
Immagina di avvertire costantemente un beneficio in termini di riduzione del dolore immediatamente dopo un certo stimolo.
Ciò che accadrebbe sarebbe l’associazione di questo stimolo con la riduzione del dolore. Per esempio se regolarmente prendi un’aspirina per il mal di testa, dopo un po’ di tempo inizierai ad associare anche la sola immagine della pasticca con una sensazione di benessere.
E se qualcuno ti desse un’aspirina falsa, che visivamente appare esattamente come quella reale, ma che in effetti non contiene alcun principio attivo, molto probabilmente otterresti un beneficio dettato solamente dall’effetto placebo.
Ciò significa che le esperienze passate ti mettono nella condizione di aspettarti benefici da un particolare stimolo, anche se l’aspettativa è completamente inconscia e basata su associazioni passate.
Queste associazioni così come vengono imparate possono al tempo stesso essere disimparate.
Se fai suonare un campanello in presenza di un cane di Pavlov, questo comincerebbe a salivare. Ma se per un periodo sufficientemente lungo di tempo continuassi a suonare il campanello senza portare mai alcun cibo, ad un certo punto il cane realizzerebbe che non c’è più alcuna associazione tra il suono del campanello e il cibo e quindi smetterebbe di salivare.
Allo stesso modo se continuassi a prendere una falsa aspirina senza il suo principio attivo per lungo tempo probabilmente dopo un po’, questa perderebbe il suo effetto placebo (FONTE: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20817355)
Sono stati fatti interessanti studi su topi che imparavano ad associare il bere un liquido con la somministrazione di medicinali immunosoppressivi, manifestavano una reazione immunitaria dopo aver bevuto quel liquido, anche se il medicinale al suo interno veniva rimosso.
Risultati simili si ottengono con l’essere umano.
Una bevanda di un certo sapore avrà benefici su problematiche di riniti per esempio (irritazione delle mucose nasali a causa di un’allergia), in persone che hanno associato quella bevanda all’assunzione anche di istamine.
Lo stesso avviene a livello del sistema endocrino, una falsa iniezione di insulina può abbassare il livello di zuccheri nel sangue dopo che il paziente ha creato l’associazione tra l’iniezione e l’effettiva riduzione dei livelli di zucchero.
Ma perché tutto questo dovrebbe interessare anche un terapista che si occupa di terapia manuale? Il nostro lavoro non prevede (spero) la somministrazione di medicinali ai nostri pazienti durante il trattamento al fine di creare un’associazione tra il nostro trattamento e la riduzione del dolore.
Questo è proprio il motivo per il quale dovrebbe invece interessarci: questa ricerca analizza quello che è probabilmente il meccanismo maggiormente coinvolto nella riduzione del dolore in relazione al trattamento manuale: disimparare, eliminare le associazioni tra movimento e dolore.
Queste associazioni possono crearsi dopo un infortunio e rimanere nel tempo causando un effetto nocebo che mantiene vivo il dolore anche dopo che l’infortunio è guarito completamente.
Immagina di farti male alla schiena e sentire dolore ogni volta ti pieghi in avanti come per raccogliere qualcosa dal pavimento. Sia consciamente che inconsciamente inizierai ad associare quel movimento con il dolore e gradualmente molto probabilmente imparerai ad aspettarti dolore ogni volta effetti quel movimento.
Dopo un po’ l’infortunio alla schiena guarisce, ma l’associazione rimane e il piegarsi in avanti è diventato ora un effetto nocebo, che può creare dolore anche senza che ci sia alcun reale danno ai tessuti.
Come è possibile fermare questo effetto nocebo?
Rompendo le associazioni tra il movimento di flessione in avanti e il dolore.
Se ripeti il movimento per un numero sufficientemente alto di volte, specialmente in modo molto lento, il tuo cervello inizierà a capire che l’infortunio iniziale non è più presente e dunque non c’è più ragione di generare il dolore.
Inizierai, in questo modo, a disimparare le associazioni tra il movimento e il dolore ed eventualmente essere in grado di effettuare nuovamente il movimento completo in totale assenza di dolore.?
Cosa succede se non riesci ad ottenere completamente questo processo di dissociazione?
Probabilmente l’infortunio guarisce e il dolore sparisce, ma tu continuerai ad evitare quel movimento semplicemente per il fatto che sei troppo spaventato all’idea di avvertire nuovamente dolore.
L’effetto nocebo in pratica rimane perché non ha mai rotto le associazioni tra il dolore e il movimento.
Questa è probabilmente una delle ragioni per la quale la paura del movimento (kinesiofobia), diventa un fattore predisponente a trasformare un evento acuto il dolore cronico. Ritengo che uno dei migliori modi attraverso i quali la terapia manuale possa aiutare a liberarsi dal dolore cronico è spingendo il paziente ad eseguire in modo lento e attento tutti quei movimenti con i quali si aspetta di avvertire dolore sia a livello conscio e inconscio.
Conclusione
La scienza del placebo è davvero interessante e informativa. Non è irragionevole supporre che una buona percentuale dei successi riscontrati in molte pratiche terapeutiche avvenga attraverso processi che rientrano nell’effetto placebo o eliminando l’effetto nocebo.
Personalmente, penso che la parola placebo possa creare confusione.
Si riferisce, infatti, a una grande varietà di differenti fenomeni, che hanno differenti effetti attraverso differenti meccanismi.
Alcuni effetti placebo lavorano attraverso la riduzione dell’ansia, altri attraverso l’attivazione del sistema di ricompensa, altri ancora attraverso l’inibizione discendente degli stimoli nocicettivi.
Il filo conduttore importante è che tutti questi fenomeni sono creati da input cognitivi. Come abbiamo visto, si tratta di informazioni che variano a seconda di cosa il paziente si aspetta o crede riguardo il proprio stato di salute.
Questo si collega a un altro problema con la parola placebo, suggerisce che tutti i trattamenti che hanno un beneficio attraverso un cambiamento nelle aspettative dei pazienti siano in un certo modo inerti o inefficaci, non significativi, non etici o addirittura siano delle truffe.
Di certo questo è il caso in cui il trattamento consista in una pasticca di zucchero oppure basato su pseudoscienze o ciarlataneria. In questi casi, le aspettative del paziente e le sue credenze vengono cambiate perché è stato raggirato e ciò in questi casi non è etico.
Ma cosa succede se il trattamento lavora in primo luogo attraverso cambiamenti nelle credenze e nelle aspettative, ma in un modo in cui queste diventano più accurate?
Considera i seguenti casi, ognuno dei quali include l’effetto placebo, ma non l’inganno:
- A una persona vengono fornite informazioni più accurate riguardo la scarsa correlazione attraverso il mal di schiena e quello che viene rivelato attraverso una risonanza magnetica. Queste abbassano il suo livello di ansia e di dolore,
- Ad un paziente viene mostrato attraverso movimenti passivi e attivi che è possibile flettersi completamente in avanti senza dolore. Questo riduce il suo stato d’ansia, aumenta la sua fiducia nella terapia e riduce il dolore,
- Un paziente riceve attenzione ed empatia dal terapista. Questo riduce il suo stato d’ansia, lo rende fiducioso riguardo la possibilità di guarire e dunque riduce il suo livello di dolore,
- Una persona con problemi di salute ha avuto in passato diverse esperienze di massaggi che lo hanno aiutato a diminuire il dolore e questa associazione che ha acquisito contribuisce ora ulteriormente a diminuire il livello del dolore attraverso il massaggio.
Sono questi tutti effetti placebo?
È vero che tutti lavorano in gran parte attraverso il cambiamento delle credenze del paziente.
Questo era inizialmente lo scopo primario del trattamento, quindi non si può in alcun modo pensare che le terapie siano inerti, inefficaci o ingannevoli.
Utilizzare la parola placebo in questi casi può creare dunque confusione.
Preferisco vedere la cosa secondo questo punto di vista: il dolore risulta dalla percezione di un pericolo. Questo può essere trattato fornendo al paziente quante più belle informazioni possibili riguardo il pericolo in questione.
È forse un problema di tipo etico? Sì, ma solo quando queste buone notizie si basano su bugie e non sulla verità.
Per fortuna, ritengo che esistano numerose verità ottimistiche che i pazienti possono apprendere dal terapista attraverso il tocco, il movimento e la conversazione.
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Dr. Christian Tonanzi
Osteopata, Fisioterapista e Docente