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6 Febbraio 2023La Risonanza Magnetica è probabilmente l’esame diagnostico più utilizzato dai medici. Quando il dolore, dopo essere rimasti a riposo e assunto medicinali per qualche giorno, non passa la tendenza è ormai quella di voler indagare in maniera approfondita per vedere cosa ci sia che non va. Questa aspettativa di trovare qualcosa di rotto o lesionato è quasi sempre soddisfatta ed ecco dunque che il gioco è fatto: abbiamo una DIAGNOSI! Quello che viene fuori da una risonanza magnetica però corrisponde realmente alla vera causa del dolore? Le informazioni che questa ci fornisce sono davvero utili e sufficienti per giungere ad una diagnosi?
La Risonanza Magnetica può portarci fuori strada
All’età di vent’anni ho, per la prima volta, sofferto di mal di schiena.
Era la prima volta che mi accadeva, perciò feci quello che la maggior parte delle persone che si ritrovano nella mia situazione fanno, ovvero mi rivolsi al mio medico di famiglia per chiedere aiuto.
In un primo momento mi consigliò di assumere antinfiammatori e antidolorifici, nei mesi seguenti però poiché il mal di schiena tornava e i medicinali cominciavano a non avere più alcun effetto, mi consigliò di fare una risonanza magnetica per “vedere” quello che era successo alla mia schiena e poi eventualmente consultare un ortopedico.
Sfortunatamente quella risonanza magnetica evidenziò che, effettivamente, c’era qualcosa di molto serio che non andava nella mia schiena, anzi più di una cosa, per l’esattezza, nonostante la mia giovane età, mi ritrovavo con un ernia e ben 2 protrusioni al livello lombare. Da allora tutto ciò che accadde per i successivi 10 anni fu per me un vero e proprio incubo.
Tutti gli specialisti che consultai per cercare di risolvere il mio problema, ortopedici, neurochirurghi, fisioterapisti, osteopati, chiropratici e massaggiatori si concentrarono più a leggere quello che c’era scritto sul referto della risonanza piuttosto che ascoltarmi e valutare la mia situazione.
Tutti pensarono, sin dal primo momento, che la causa del mio mal di schiena fossero quell’ernia e le 2 protrusioni.
Purtroppo per me tutti si sbagliavano ed io mi ritrovai per anni a spendere una montagna di soldi per cercare di curare qualcosa che non era necessario curare e cosa peggiore a convivere per più di 10 anni con il dolore.
La vera diagnosi si fa chiedendo le giuste informazioni al paziente!
L’unico che fu in grado di aiutarmi e che in pochissime sedute mi aiutò a liberarmi dal mal di schiena fu l’unica persona che non si preoccupò affatto di leggere quel referto. A differenza di tutti quelli che lo avevano preceduto mi fece moltissime domande per capire da dove realmente originasse quel dolore che mi portavo dietro ormai da 10 anni!
Oggi mi capita spesso di ricevere telefonate da parte di nuovi pazienti che mi chiedono se sia necessario, prima di venirmi a fare visita, sottoporsi ad una risonanza magnetica per vedere se c’è qualcosa che non va con la propria schiena. La mia risposta è sempre la stessa: la diagnosi viene effettuata attraverso una dettagliata raccolta di informazioni riguardo la storia clinica del paziente ed un’accurata valutazione sia posturale che funzionale.
La risonanza magnetica è utile per escludere patologie serie
Le immagini diagnostiche, eventualmente, sono solo di supporto alla valutazione e al trattamento osteopatico, ma non servono a fare diagnosi (salvo in alcuni casi specifici). In realtà l’utilità maggiore è quella di poter escludere la presenza di alterazioni che potrebbero sconsigliare l’utilizzo di alcune tecniche manipolatorie. Non servono però a dare indicazioni riguardo la struttura che sta causando il dolore.
Molti mi rispondono: <<ma che male c’è se vado a vedere cosa sta accadendo all’interno della mia schiena>>.
In un primo momento anche tu potresti pensare che non c’è alcun male. Se però ci rifletti bene su, un problema potrebbe esserci, ed è quello che è capitato proprio a me: si corre il rischio di finire per focalizzarsi più sul risultato della risonanza magnetica che sulla condizione reale del paziente.
Le evidenze sul rapporto tra un ipotetico danno strutturale evidenziato da una risonanza e il dolore di cui si lamenta il paziente sono molto basse.
Finalmente sempre più professionisti in ambito medico cominciano a riconoscere, sulla base delle ultime evidenze scientifiche, che esami diagnostici, quali prime fra tutte le risonanze magnetiche, sono spesso sopra utilizzate. Oltre a non fornire informazioni utili spesso possono indurre in errore influenzando in maniera negativa la valutazione del medico.
Risonanza magnetica e dolore
Numerosi studi hanno evidenziato che non ha importanza in quale parte del corpo si effettua una risonanza magnetica. Nella maggioranza dei casi sì troverebbe qualche alterazione strutturale anche in regioni del corpo che sono completamente libere dal dolore.
Di seguito troverai una sorta di tour virtuale delle maggiori articolazioni del corpo così come le vedresti attraverso gli occhi di una risonanza magnetica.
Schiena
In un famoso studio una serie di risonanze magnetiche sono state effettuate su soggetti che non soffrivano di mal di schiena. Il 52% di questi avevano almeno una protrusione, altri invece presentavano alterazioni strutturali come artrosi e spondilolistesi per le quali generalmente si raccomanda l’intervento chirurgico.
Stando a questi dati gli autori hanno affermato che <<il ritrovamento attraverso una risonanza magnetica di ernie o protrusioni, in persone con mal di schiena, molto frequentemente è del tutto una coincidenza>>.
In uno studio simile i risultati della risonanza magnetica su individui che non avevano mai sofferto di mal di schiena ha rivelato che un terzo aveva sostanziali alterazioni morfologiche alla colonna vertebrale e che il 20% di loro con un’età inferiore ai 60 anni aveva almeno un ernia del disco.
Anche
Per quanto riguarda le anche, uno studio effettuato su diversi giocatori di hockey che non lamentavano alcun dolore alle anche, circa il 70% di questi, stando ai risultati delle risonanze magnetiche, avevano alterazioni a livello del bacino e delle anche e circa il 54% aveva la rottura del labbro glenoideo. L’autore ha affermato che: <<questo studio dimostra le limitazioni e gli errori a cui si rischia di andare incontro facendo affidamento solo ed esclusivamente ai risultati della risonanza magnetica. Un chirurgo potrebbe vedere qualcosa di alterato in una immagine senza però che questa sia effettivamente la causa del problema>>.
Ginocchia
Esaminando le ginocchia effettuando uno studio i ricercatori hanno esaminato 44 volontari di età compresa tra i 20 e i 68 anni con nessuna storia di dolore al ginocchio. Il 60% ha evidenziato anormalità in almeno tre delle quattro regioni del ginocchio spingendo l’autore a concludere che: <<una degenerazione del menisco o anche rottura dello stesso sono altamente presenti anche in individui asintomatici>>.
Spalle
In questo studio i ricercatori hanno trovato che il 23% delle persone esaminate e che non lamentavano alcun dolore a livello della spalla, aveva in realtà la rottura della cuffia dei rotatori. Gli stessi ricercatori sulla base di questi risultati hanno concluso che: <<le lesioni della cuffia dei rotatori in larga percentuale possono essere considerate “normali” degenerazioni da attrito e non necessariamente la causa del dolore e di alterazioni funzionali>>.
Un altro studio ha esaminato le spalle di atleti che svolgevano attività sportive nelle quali si effettuano numerosi movimenti degli arti superiori al di sopra della testa, come per esempio i giocatori di baseball e di tennis, anche qui scelti tra coloro i quali, però, non lamentavano alcun dolore alle spalle. I ricercatori hanno notato che nel 40% dei casi la cuffia dei rotatori nel lato dominante presentava parziale o completa rottura mentre alcun problema è stato ritrovato nella spalla non dominante. In entrambi i casi però nei successivi 5 anni dopo che lo studio era effettuato nessuno dei soggetti esaminati aveva lamentato alcun dolore alle spalle.
Il risultato della risonanza magnetica può essere ingannevole
Ora che avrai compreso come la risonanza magnetica non racconti sempre la verità, penserai, quindi: <<ma i dottori, dovrebbero esserne a conoscenza giusto?>>, è un po’ di corretta informazione non farebbe male esatto?
In teoria dovrebbero saperlo, ma nella pratica clinica reale sembra che molto spesso si finisca per attribuire troppa importanza alle alterazioni che sono scritte nei referti delle risonanze magnetiche (forse per l’estrema comodità, forse per pigrizia…).
Ci sono diversi articoli, anche molto recenti, e qui ne trovi uno proprio del New York times che parlano proprio di questo e delle dinamiche associate all’uso delle risonanze magnetiche in ambito clinico:
“…. i pazienti quando hanno un dolore spesso richiedono di essere sottoposti a delle indagini diagnostiche sperando di trovare cosa c’è che non va e i dottori sono altamente tentati di prescrivere proprio queste indagini. Una volta poi che l’esame è stato fatto, è usanza molto comune, sia per i dottori che per i pazienti, assumere che ogni anormalità trovata sia la ragione del dolore…
Un paziente viene perché ha dolore, la risonanza magnetica evidenzia qualcosa che non va e automaticamente si dà per scontato che sia proprio quel qualcosa che non va a causare dolore senza però avere idea della prevalenza di queste anormalità nella popolazione.”
Addirittura alcune ricerche hanno dimostrato che l’utilizzo precoce di una risonanza magnetica, come esame diagnostico per il mal di schiena, può addirittura contribuire al peggioramento della condizione di salute del paziente. In uno studio di cui ti riporto qui il link, è stato visto come le risonanze magnetiche fossero associate ad una elevata percentuale di disabilità.
Ma come può accadere tutto questo?
Una possibilità concreta, come discusso precedentemente, è che una errata interpretazione del risultato di una risonanza magnetica può spingere all’utilizzo di trattamenti non necessari quali per esempio gli interventi chirurgici!
Un’altra spiegazione potrebbe essere quella secondo la quale i risultati della risonanza magnetica possono agire come effetto nocebo (l’opposto del placebo), e quindi, in molti casi, creare ansia e paura che peggiorano il dolore e la disabilità.
Il problema sta nel fatto che il volere per forza di cose trovare una dinamica che stia causando il dolore può realmente spaventare il paziente e creare ansia per la sua condizione, che a sua volta potrebbe far aumentare il dolore percepito e la conseguente disabilità.
Ho molti miei pazienti ai quali è stato raccontato di avere una scoliosi, che la cartilagine del ginocchio gli si è consumata, che hanno un ernia del disco oppure che la loro colonna somiglia a quella di un ottantenne. Eppure non una di queste affermazioni trova un riscontro oggettivo per spiegare l’insorgere del dolore; l’unico effetto che ottengono è quella di modificare l’immagine che il paziente ha di se stesso e farlo sentire malato. Questo è quello che viene definito effetto nocebo!
Conclusione
Le risonanze magnetiche sono senza dubbio utili e spesso sono indispensabili esami diagnostici che possono aiutare ad ottenere ottimi risultati terapeutici. Come ogni cosa però si corre il rischio che se ne abusi e sembra proprio che negli ultimi anni se ne stia abusando in maniera smisurata!
Sarebbe il caso che si ritornasse ad ascoltare il paziente, a porre le domande giuste per cercare di capire quale potrebbe essere la causa del problema. Fare affidamento solo ed esclusivamente a quello che ci dice una risonanza magnetica non è la strada giusta per individuare la VERA causa del problema.
Dott. Christian Tonanzi
Osteopata e Fisioterapista
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